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Volume I tomo 2

Appendici documentarie. 1) Appunti per una storia dell’anarchismo italiano in Brasile

La storia del movimento anarchico italiano in Brasile, è racchiusa nell’arco di un trentennio circa, che va approssimativamente dal 1892 al 1920-22. A prescindere infatti, dall’arrivo nel Paranà di Giovanni Rossi («Cardias») e del gruppetto di pionieri che lo aveva seguito per tentarvi resperimento comunitario noto col nome di «Colonia Cecilia» — che nonostante il rumore e le polemiche cui diede luogo, non lasciò traccie nella vita politica del Paese — le più antiche testimonianze di un’attività articolata degli anarchici italiani in Brasile, non vanno oltre la primavera del 1892, anche se non manca qualche segno di presenza libertaria fin dall’ultimo periodo dell’Impero ed i primi due anni di Repubblica [1]. Scarso d’altronde, era stato nel corso degli anni ’80, l’afflusso dei lavoratori italiani verso il vasto paese sudamericano; e se un primo, e forse il più grave, ostacolo ad una emigrazione di massa era stato rimosso con l’abolizione della schiavitù (13 mag. 1888), a congelare l’avvio di una politica migratoria dell’Italia verso il Brasile, intervenne il provvedimento di Crispi del 13 mar. 1889 — rinforzato poi, da due circolari in data, rispettivamente, 14 mar. e 14 giu. 1890 — con cui si proibiva la continuazione delle operazioni d’imbarco degli emigranti diretti in questo Paese [2]. Con la revoca di tale provvedimento, annullato da un decreto ministeriale di Nicotera (17 giu. 1891), ebbe inizio infine l’esodo di massa degli italiani (130.000 emigrati, in quell’anno, secondo le statistiche brasiliane; 183.000 secondo quelle italiane), verso le regioni della più estesa repubblica dell’America Latina.

San Paolo, dove massimamente affluirono i settori politicamente più emancipati dell’emigrazione italiana, rifuggendo le proibitive condizioni di lavoro delle aziende agricole, divenne ben presto teatro di una febbrile attività militante [3], resa particolarmente vivace, in quell’arco di anni, dalla presenza di esponenti di un certo rilievo, quali Galileo Botti, Lodovico Tavani, Giuseppe Consorti, oltre il più noto Felice Vezzani [4]. Il governo repubblicano di Deodoro da Fonseca, sotto il quale si trovarono ad operare questi primi raggruppamenti sovversivi, non aveva apportato che riforme puramente formali al passato assetto istituzionale; mentre la gestione del potere continuava di fatto a restare nelle mani delle vecchie oligarchie di proprietari terrieri che, se da un lato tendevano ad allineare il Paese al modello dei regimi più progressisti, erano al tempo stesso paradossalmente incapaci di sgravarsi dal retaggio di quelle anacronistiche concezioni schiaviste e feudali, su cui avevano in passato mantenuto i propri privilegi di casta. Del tutto insufficienti a contenere i soprusi padronali, erano ovviamente le molte associazioni politiche e di mutuo soccorso, costituitesi fra gruppi di emigrati italiani, una delle quali, la Lega Operaia di S. Paolo, risaliva ancora al periodo dell’Impero. È evidente pertanto, come in tale stato di cose, la propaganda rivoluzionaria avesse buon gioco nel denunciare gli arbitrii del sistema; le carenze, se non l’assenza, di servizi sociali e di precise normative del lavoro; la rapacità padronale e quella dei sensali e degli agenti d’immigrazione; e, in genere lo sfruttamento della mano d’opera straniera, aggravato da un vergognoso comportamento delle autorità consolari italiane, complici il più delle volte, del padronato locale nelle più bieche manovre reazionarie ai danni dei connazionali emigrati.

In questo arco di anni, il lavoro d’intervento politico vede ancora l’azione congiunta di anarchici e socialisti [5], che insieme danno vita ai giornali Gli Schiavi Bianchi (1892) e L’Asino Umano (1893-94). Lo sforzo di penetrazione politica fra il proletariato della colonia italiana, restò comunque invalidato da periodiche ondate persecutorie — volta a volta sollecitate dal rappresentante consolare di S. Paolo, allo scopo di liberarsi dei connazionali più turbolenti e fastidiosi — che riuscirono a paralizzare o quantomeno a rallentare, per periodi più o meno lunghi l’attività del movimento, ma che maturarono altresì la coscienza della estrema vulnerabilità cui l’esponeva l’assenza di un’adeguata struttura organizzativa. Fra l’autunno 1894 e l’inverno 1895, l’organo anarchico L’Avvenire tentò infatti di gettare le basi di una organizzazione «specifica», in grado di garantire un efficiente collegamento con le forze rivoluzionarie sparse nelle varie località dell’Interior, ma l’obiettivo non poté essere raggiunto, perché prevenuto da una nuova e più violenta impennata della reazione, che con odiose e arbitrarie azioni persecutorie, l’arresto e la deportazione dei sovversivi più noti, riuscì a cancellare per un certo periodo, ogni traccia concreta di presenza libertaria in Brasile.

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I vuoti in questo modo creatisi nelle file del movimento, vennero riempiti allorquando un nuovo flusso migratorio, iniziatosi nel 1897, portò in Brasile elementi come l’internazionalista Alfredo Mari [6] ed il più giovane Gigi Damiani [7], capaci di ricreare le condizioni necessarie alla ripresa di un’attività articolata. Socialisti ed anarchici tendono, a partire da questi anni, ad accentuare il distacco dalle rispettive posizioni ed a scindere le loro responsabilità sul terreno dell’intervento politico; più acuta si fa al tempo stesso, la tensione fra i gruppi sovversivi e gli ambienti nazionalisti della colonia italiana [8].

Ad un serio e qualificato lavoro d’intervento politico, l’anarchismo italo- brasiliano poté tuttavia approdare solo qualche anno più tardi, quando le file del movimento vennero rinforzate, qualitativamente e quantitativamente, dal- l’arrivo dei compagni fuggiti dall’Argentina, dopo l’approvazione (nel 1902) della ben nota «ley de residencia». Fra i profughi si trovava anche l’anarchico livornese Oreste Ristori, che in Brasile rivelò ben presto le sue doti prestigiose di agitatore e di giornalista.

Raccolti attorno a sé molti fra gli elementi maggiormente capaci — e fra questi Alessandro Cerchiai [9] oltre lo stesso Gigi Damiani — Ristori riuscì a organizzare un grosso e sistematico lavoro d’intervento politico, che sostenne parallelamente dalle colonne dell’organo La Battaglia, da lui stesso creato e diretto per molti anni. Di questo foglio e del ruolo da esso giocato come strumento di propaganda rivoluzionaria, ho già detto a sufficienza in altra parte di questo volume (vd. pp. 67 sqq.), perchè sia il caso di ritornarvi sopra in questa sede. A sottolinearne la funzione catalizzatrice all’interno degli ambienti anarchici e radicali italo-brasiliani, è sufficiente rilevare come la sua cessazione e la dispersione del gruppo che per circa un decennio ne era stato l’animatore, determinò l’avvio di un rapido processo di decadenza e di decomposizione del movimento, anche se questo riuscì ancora a produrre per tutto il periodo in cui perdurò il I Conflitto Mondiale, una serie di pubblicazioni di notevole impegno e vivacità (La Propaganda Libertaria, e, soprattutto, Guerra Sociale, in cui vennero sostenute aperte posizioni antinterventiste).

Alla fine della guerra, una fallita manovra insurrezionale — appoggiata, sembra, anche da alcuni ufficiali dell’esercito brasiliano [10] — provocò una dura repressione governativa, conclusasi con l’arresto e la deportazione in Italia di molti fra i militanti più in vista. I pochi sopravvissuti all’ondata persecutoria (e fra questi il livornese Angelo Bandoni) riuscirono ancora a dar vita, per quanto stentatamente, sui primi degli anni ’20, ad un’ultima pubblicazione (Alba rossa).


Bibl. essenziale - «Martino STANGA» [Flavio VENANZI? (*)], Il movimento sociale al Brasile. Rassegna cronologica, in «La Propaganda Libertaria» (San Paolo), dal 10 ag. 1913 (a.I, n.2) all’8 mar. 1914 (a.I, n. 9); Edgar RODRIGUES, Socialismo e Sindicalismo no Brasil, 1675-1913, Rio de Janeiro, Grafica Editóra «Laemmert», 1969, pp. 346; id., Nacionalismo & Cultura Social, 1913-1922, ivi 1972, pp. 462 (entrambi i voi. sono corredati di ampi repertori bibliografici, per i quali sono purtroppo da lamentare non poche imprecisioni, aggravate anche da frequenti svarioni tipografici). Non conosco invece direttamente: Everardo DIAS, Historia das lutas sociais no Brasil, São Paulo 1962, che ho trovato sovente citato. Per un’analisi (limitatamente al punto di vista sociologico) delle componenti socio-politiche degli italiani immigrati al Brasile, importante è: José Arthur RIOS, Aspectos politicos da assimilacào do italiano no Brasil, in «Sociologia» São Paulo), 1958, pp. 295-339 e 501-529.

Sulla «Colonia Cecilia», esiste una vasta letteratura. Per un primo elenco di fonti, è sufficiente un rinvio a M. NETTLAU, Bibliographie de l’anarchie, Bruxelles-Paris, 1897, pp. 216-17; parzialmente integrato da E. ZOCCOLI, L’Anarchia, Milano, s.d. [1944] pp. 257-260 e 371-72. Fra i lavori apparsi in date posteriori, vd. in particolare: Newton Stadler De SOUZA, O anarquismo da Colonia Cecilia, Rio de Janeiro, Editóra Civilizacào Brasileira, 1970, pp. 193. Per le conoscenze atttuali e un aggiornamento bibliografico, vd. comunque: P.C. MASINI, Storia degli anarchici italiani da Bakunin a Malatesta, nuova ed., Milano, Rizzoli, 1974, pp. 249-260.

(*) Cf. M. DE CIAMPIS, in «La Parola del Popolo. Cinquantesimo anniversario» (Chicago), dic. 1958-genn. 1959, p. 160, nota 1: «Martino Stanga sembra che sia stato uno dei pseudonimi di F. Venanzi…».


[1Nel 1888, ancor prima cioè della caduta della monarchia, Arturo Campagnoli, «um dos mais valiosos e duplo pioneiro do anarquismo no Brasil», aveva fondato in una vecchia fazenda di Guararema, nello stato di S. Paolo, una comunità agricola, informata ai principi libertari di sfruttamento collettivo del suolo. Cf. E. RODRIGUES, Socialismo e Sindacalismo no Brasil, 1675-1913, Rio de Janeiro - Guanabara, 1969, pp. 35-36; e, ivi cit., A. SCHMIDT, Sào Paulo do Meus Amores, s.l., ed. Brasiliense. Un «Gruppo Anarchico», attivo in S. Paolo alla fine degli anni ottanta, è segnalato da La Miseria (Buenos Aires), del 30 nov. 1890, nella rubr. In barba ai francobolli. Vi facevano parte, senza dubbio, Galileo Botti — trasferitosi proprio quell’anno in Brasile, proveniendo da Buenos Aires — e S. Mingazzini, i cui nomi ricorrono fra i corrispondenti da S. Paolo del cit. organo bonaerense (cf., sul n. 1, del 16 nov. 1890, la rubr. Correo de «La Miseria»).

[2Cf. A. RIOS, Aspectos politicos da assimilalo do italiano no Brasil, in «Sociologia» (S. Paolo), 1958, p. 320. Gli stessi anarchici d’altronde, non avevano mancato di disilludere i propri connazionali sulle reali condizioni di lavoro nelle fazendas brasiliane, dando ampio risalto, sui propri organi di stampa, a corrispondenze di emigrati che informavano appunto sulla drammatica situazione della mano d’opera straniera. Vd., ad es., Lettera dal Brasile, in «L’Amico del Popolo» (Mantova), a. I, n.2, del 6 mag. 1888; e la «Lettera» degli anarchici Carlo Forgnoni e Rodolfo Strona, pubblicata in La Miseria (Buenos Aires), n.2, del 30 nov. 1890 (Dal Brasile), accompagnata da una postilla redazionale in cui si avvertiva che «ne pubblichiamo alcuni brani, colla speranza di far cosa utile a coloro che, illusi delle penne vendute, sperano recandosi nella nuova repubblica, trovare un miglioramento alle loro condizioni d’operai».

[3Già nel 1892, un gruppo di anarchici italiani aveva tentato di indire una pubblica manifestazione in occasione del 1º maggio, sebbene la celebrazione della ricorrenza venisse considerata un crimine dal nuovo governo repubblicano, punibile in base agli art. 205 e 206 del Codice Penale del 1890. Ignoro comunque l’esito di questa coraggiosa iniziativa.

[4Felice Vezzani (1855-1930), prima del suo arrivo in Brasile, era stato uno degli agitatori più attivi e influenti del socialismo bolognese. Collaboratore fin dal 1888 del Bononia ridet, ne aveva poi assunto la direzione, sostituendo nell’incarico Guido Podrecca. Il 14 genn. 1893 emigrò in sudamerica, dove soggiornò quattro anni, fino al 14 mar. 1897, allorquando fece ritorno in Italia. In Brasile maturò concezioni politiche più radicali, aderendo infine all’anarchismo, che non abbandonò più fino alla morte.

[5Punto di riferimento, per tutto l’elemento sovversivo paulista, fu a partire dal 1893, il «Circolo Socialista», nei cui locali in rua S. (osé (poi rua Libero Badaró) conveniva un ambiente politicamente eterogeneo ma capace, a quanto pare, di lavorare sulla base di una comune intesa programmatica. «Gli aderenti al Centro — scriverà anni più tardi, un cronista del movimento libertario italo-brasiliano — non erano tutti socialisti. Là vi pervenivano uomini di varie tendenze. In tutti vi era il desiderio di una intesa per il lavoro di preparazione». Cf. «M. Stanga», Il movimento sociale al Brasile. Rassegna cronologica, in «La Propaganda Libertaria» (S. Paolo), a. I, n. 3, del 31 ag. 1913.

[6Forzato dalle autorità di Torino, A. Mari s’imbarcò a Genova, il 20 genn. 1897, sul vapore «Italia». Poco dopo il suo arrivo a Santos, iniziò a collaborare saltuariamente al periodico di S. Paolo O Socialista. Cf. la corrispondenza di A. Mari (datata: S. Paolo, lug. 1897) pubblicata in L’Agitazione (Ancona), del 6 ag. 1897. Nel genn. dell’anno successivo diede infine il via alle pubblicazioni settimanali de II Risveglio.

[7Gigi [Luigi] Damiani (1876-1953), emigrò in Brasile nel sett. 1898, dopo aver scontato alcuni anni di coatto a Port’Ercole prima e, quindi, a Tremiti, Favignana e Lipari. In Brasile soggiornò oltre vent’anni, fino a quando (1919) venne deportato in Italia a bordo della «Principessa Mafalda». Vd. su di lui il profilo tracciato da Ugo FEDELI, Gigi Damiani. Note biografiche. Il suo posto nell’anarchismo, Cesena, Edizioni «L’Antistato», 1954, in-16, pp. 47.

[8Le cronache degli ultimissimi anni del secolo scorso registrarono numerosi episodi di intolleranza politica fra connazionali. Uno dei più gravi portò all’assassinio dell’anarchico Polinice Mattei, linciato da una folla chiaramente aizzata dalla teppa reazionaria e sovreccitata dal clima iperteso delle agitazioni scoppiate in occasione del 20 sett. 1898. Il Mattei, ricordato a lungo come «la prima vittima della questione sociale al Brasile», divenne subito un simbolo della lotta «antipatriottica» (come veniva allora definito l’antinazionalismo) e come tale ampiamente commemorato ad ogni anniversario della morte. Ancora nel 1908, in occasione del decennale del tragico episodio, vennero diffusi manifesti commemorativi. Se ne veda un esempio in La Battaglia (S. Paolo), n. 185, del 20 sett. 1908, ove è riprodotto per esteso il testo del lungo manifesto lanciato dal «Gruppo Libertario» di Jaboticabal.

[9A. Cerchiai, originario di Monterotondo (Grosseto), dov’era nato il 20 genn. 1870, prima della sua partenza per il sudamerica era considerato dalle autorità di Grosseto come uno degli attivisti anarchici più dinamici e convinti della propria località. Secondo U. Fedeli, op. cit., p. 22, sarebbe giunto in Brasile «qualche anno dopo il Damiani e precisamente verso la fine del 1901 dopo essere uscito dal Carcere di Finalborgo dove era stato rinchiuso per i fatti di Milano del 1898». Rientrato in Italia durante o subito dopo la I Guerra Mondiale, si ritirò a Roma, esercitandovi il mestiere di calzolaio ma senza più occuparsi di politica, tanto che nel giu. 1929, il prefetto di Grosseto ne chiedeva «la radiazione dallo schedario dei sovversivi, provvedimento già adottato dalla Questura di Roma».

[10Vd., per questo interessante particolare, la testimonianza rilasciata da G. Damiani e pubblicata per esteso da U. Fedeli, op. cit., pp. 27-28.