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Volume I tomo 2

Documenti. b) «Un Vecchio» [I.U. Parrini], L’Anarchismo in Egitto, in «La Protesta Umana» (San Francisco, Cal), a. II, n. 36 (21 nov. 1903) sqq.

«Un Vecchio» [I.U. PARRINI], L’Anarchismo in Egitto, in «La Protesta Umana» (San Francisco, Cal), a. II, n. 36 (21 nov. 1903) sqq. [1]

Durante la Comune di Parigi noi troviamo, in Alessandria di Egitto, l’Orso [i.e.: I.U. Parrini]. Egli leggeva i giornali democratici che menavano una campagna delle più belle in favore di Garibaldi contro le contumelie e le calunnie dirette alla Comune e all’Internazionale da Giuseppe Mazzini.

Indubbiamente fin dal 1871 si sentiva in Egitto la propaganda fatta dall’Orso contro la proprietà e la famiglia per la libertà. Tuttavia, il concetto di libertà non era ben spiegato né ben determinato: essa consisteva nell’aspirazione verso l’avvento d’una società nella quale gli uomini si amassero, si sentissero solidali e formassero quindi una sola famiglia. Era forse la diffusione di un principio con forme utopistiche corredate di molta poesia: si potrebbe dire che si partiva da un vero malamente dimostrato.

L’Orso era solo e isolato, non lavorava che colla propria mente: egli rimaneva dunque indietro alle idee più largamente sviluppate in Europa.

La costante propaganda d’ogni giorno, d’ogni minuto, fece nascere, a poco a poco, se non una coscienza, per lo meno un dubbio contro la proprietà e il mazzinianesimo in tre buoni e giovani operai che più tardi poi, come vedremo, l’Orso doveva ritrovare componenti un gruppo anarchico. Questi tre giovani si chiamavano Carlo Bertolucci, Leoncini e Boteghi.

Dal 1871 al 1875 nulla vi fu che meriti l’attenzione. Il movimento rinacque dopo quel tempo per il ritorno dall’Italia dell’Orso. Entrò egli nel Circolo Mazziniano Pensiero ed Azione, unicamente per farvi propaganda socialista. Egli vi fu poco dopo nominato presidente al posto del defunto Ottolenghi. Una delle prime proposte da lui presentate fu quella di una sottoscrizione a favore dei condannati internazionalisti di Roma. L’importo di essa fu spedito al compagno Luigi Castellazzo che, per quanto facesse parte della massoneria, fu però ottimo anarchico teorico e franco tiratore, com’egli si diceva. Il rendiconto della sottoscrizione fu pubblicato dal giornale La Capitale di Raffaello Sonzogno, il quale poco dopo veniva assassinato per fanatismo patriottico da un uomo eccitato dal deputato Luciani. Alla prima sottoscrizione seguì una seconda a favore di Amilcare Cipriani che l’Orso riteneva pentito dell’uccisione del povero Lantini — e l’Orso s’ingannava. Il Cipriani trovavasi, al tempo in cui fu fatta quella sottoscrizione, nella Nuova Caledonia.

Prima della fine del 1875, l’Orso avanzò nel Circolo la proposta di cambiarne il programma, cioè di renderlo internazionale e socialista. Tale proposta fu respinta: essa ebbe tuttavia l’adesione di Giovanni Urban e di Giuseppe Messina. Questi con l’Orso si ritirarono e costituirono il primo gruppo dell’Internazionale.

Verso la fine pure del 1875 arrivarono dall’Italia alcuni marchegiani fuggiti dopo la repressione dei moti bakouniniani. Questi marchegiani, insieme con i toscani Bertolucci, Leoncini e Boteghi e un romagnolo, si riunirono e formarono un altro gruppo dell’Internazionale.

L’Orso e i suoi compagni ignorarono fino al principio del 1875 [recte: 1876] l’esistenza di un tale gruppo. Venutine poi a conoscenza, si unirono ad essi, e fondarono poi tutt’insieme, nell’aprile di quell’anno, una sezione dell ’Internazionale.

Da questo momento la propaganda prende piede con maggiore forza ed attività, cresce il numero degli aderenti, la voglia di fare vivamente si manifesta!

Il quello stesso anno (1876) l’Orso, Giuseppe Messina e Giacomo Costa, imolese, pubblicarono prima il giornale Il Lavoratore, che venne dall’autorità soppresso al suo terzo numero; in seguito, con l’acquisto di caratteri tipografici fecero uscire Il Proletario, stampato da una sola parte. Il lato originale di questi due giornaletti consistette in ciò, che nessuno dei tre redattori sapeva, si può dire, scrivere: per questo, dal punto di vista linguistico e grammaticale, tali pubblicazioni lasciavano molto a desiderare, quantunque la buona sostanza non mancasse.

La propaganda intanto dava buoni frutti; le idee, sviluppandosi sempre più, si divulgavano più facilmente. Così si andò avanti fino al 1878, quando Errico Malatesta, Guglielmo Sbigoli ed Alvino arrivarono dall’Italia. Era un nuovo elemento e si sperava molto; ma il Consolato d’Italia cominciò a perseguitare tutti, vecchi residenti e nuovi arrivati. Malatesta, Alvino e l’Orso furono espulsi: il primo e il secondo furono mandati a Beyrouth, in Siria, l’ultimo fu mandato al Pireo, in Grecia.

L’Orso ritornò in Egitto un mese dopo, ma fu arrestato a bordo e venne nuovamente espulso. Dopo due giorni da quello del suo arrivo egli ripartì alla volta di Laruaca di Cipro, lasciando uno schiaffo sulle guance di un giannizzero. Di lì si recò a Beyrouth, dove si accompagnò come interprete con un ciarlatano magnetizzatore e prestigiatore. E con lui percorse tutta la costa asiatica fino a Costantinopoli. In questa città trovò Giacomo Costa proveniente dall’Italia, e l’Orso si unì a lui per la propaganda delle idee. Si formarono infatti dei gruppi anarchici, che però ebbero vita apatica e durarono appena un anno e mezzo.

Intanto, in Alessandria il Console, di cui parlammo, era andato via, ed un altro l’aveva sostituito. Era il 1880. L’Orso vi ritornò indisturbato. L’elemento anarchico era raddoppiato: il male però è che esso era diviso in due frazioni — divise non per questioni d’idee né di forma, ma per questioni personali e forse per questioni regionali. Una frazione era capitanata da Luigi Palanca; l’altra suddivisa in decurie, presentava una forma molto autoritaria.

Al principio del 1881, tutti gli anarchici — un centinaio circa — fecero un festival in piena campagna, a Sidi Gaber. Alla fine del festival fu fatta la proposta della fusione dei differenti gruppi. Dopo una lunga e laboriosa discussione la proposta finì coll’essere approvata. Le scissioni così cessarono; ma più tardi, come vedremo, rinacquero, perché in tutte le organizzazioni artificiali si producono dissidi, liti ed un reale disordine, mentre il contrario avviene nell’organizzazione naturale, la quale solamente dà vita alla libera discussione, creatrice dell’armonia sociale. Nella stessa giornata l’Orso propose la fondazione di una stamperia clandestina, obbligandosi ciascuno a pagare per una volta sola cinque franchi. Tutti accettarono, e in pochi giorni fu raggranellata la moneta per l’acquisto di un torchio e di caratteri tipografici. Comprato così il necessario, la stamperia fu collocata al primo piano di una casa in fondo al Midan.

Nello stesso tempo fu costituito un Circolo Europeo di Studi Sociali, al quale, oltre gli anarchici, potevano prendere parte tutti coloro che desideravano studiare la questione sociale. E vi presero pure parte gl’iscritti di una loggia massonica per due conferenze datevi dall’Orso assistito dall’Allerini di Corsica, oggi prefetto, credo, nel Tonchino.

Il 14 luglio 1881 fu tenuta al Circolo una pubblica conferenza dal compagno Fiorindo Matteucci, finito poi massone a Buenos Aires. Dopo la conferenza, gli anarchici con bandiere e rivoltelle si recarono in piazza dei Consoli perché correva voce che alcuni italiani volessero percuotere i francesi, avendo qualche giorno prima a Marsiglia i francesi percosso gli italiani. La voce era infondata: gl’italiani restarono tranquilli, i francesi pure. Scopo degli anarchici era quello d’impedire, anche colla forza, che popolo andasse contro popolo. Essendo dunque tutto tranquillo, gli anarchici finirono col fare una dimostrazione anarchica sotto le finestre del Consolato francese, imprecando a Thiers, a Mac Mahon, a Gambetta, e intramezzando le grida di «Viva la Rivoluzione Sociale! Viva la Comune! Viva l’Anarchia!».

I poliziotti numerosi e i giannizzeri consolari che si trovavano uniti in gruppo sulla piazza lasciarono fare, perché videro gli anarchici risoluti a tutto. Il domani mattina l’Orso fu arrestato nella propria casa; ma due ore dopo fu rimesso in libertà provvisoria — libertà che gode tuttora [2].

In Cairo, il movimento anarchico pure si manifestò, ma debolmente. Nella capitale dell’Egitto, l’anarchia fu propagata la prima volta da Pasquale Pianigiani; in seguita dal Boteghi, dal Bertolucci e dal Messina che da Alessandria si recarono al Cairo. Così tutti assieme tennero vivo il movimento, aiutandosi sempre ogni qualvolta che nell’una o nell’altra città si decideva di fare qualche cosa.

La stamperia clandestina di Alessandria visse poco e malamente. Essa fu affidata all’Orso e al Matteucci, i quali stamparono alcuni manifesti che mandarono in Italia, ed iniziarono pure la stampa di Rivoluzione di Carlo Cafìero — ottimo libro che vide la luce solo nella prima parte sulla Révolution Sociale di Parigi del 1887 [recte: 1881].

A causa del voltafaccia di Andrea Costa che l’Orso fu il primo a combattere con lettera al compagno Arturo Ceretti e poco più tardi con lettere a lui stesso e poi con articoli su per i giornali, a causa dunque di questo voltafaccia un dissidio si produsse: la maggioranza capitanata dal Palanca, dal Falleri [3] e da Cesare Pichi appoggiò il Costa; la minoranza con alla testa un certo Patruno rimase, è vero, anarchica, ma prometteva poco, e coloro che la componevano diventarono presto indifferenti o finirono massoni, come avvenne appunto del Patruno.

La stamperia affidata al Falleri cessò di funzionare e andò dispersa.

L’Orso costituì, con nuovo elemento, il gruppo «Passanante» che era il solo che si occupasse realmente di anarchia.

Dopo la sommossa arabista dell’ll giugno 1882, partirono dall’Egitto tanto i costiani quanto i pretesi anarchici del Patruno. Così non rimase che il solo gruppo «Passanante» composto dall’Orso, di suo fratello minore, di Carrara, di Messina e di un certo Gigetto, il cui cognome mi sfugge.

L’11 luglio del medesimo anno avvenne il bombardamento di Alessandria da parte degli Inglesi. Poco dopo i costiani ritornarono in Egitto ricreduti, poiché si dichiararono nuovamente anarchici.

Il gruppo «Passanante» diede vita ad altri tre gruppi formati in gran parte di elemento nuovo. Vi erano pure dei compagni che mai erano stati in Egitto; e fra essi è bene ricordare l’ottimo Demetrio Francini di Santa Sofia di Romagna, il quale cessò di vivere a Parigi nel 1901 all’età di 60 anni, restando sempre attivo nel campo anarchico.

Circa un mese dopo il predetto bombardamento vennero dall’Europa Errico Malatesta, Cesare Ceccarelli, Gaetano Marocco e Apostolo Paolides con l’intenzione di raggiungere Arabi pascià che trovavasi accampato a Damanno. Il loro scopo era di tentare un colpo di mano a favore dell’anarchia.

L’esistenza di cordoni militari intorno alla città e le continue piccole scaramucce impedirono ad essi ed all’Orso di conseguire lo scopo. Molti furono i tentativi fatti per superare i loro cordoni: si tentò dalla parte del mare affine di sbarcare ad Abukir, dalla parte di terra a Ramleh, dal Nilo. Il più pericoloso ed arrischiato fu il tentativo attraverso il lago Mariut, che per la chiusura delle acque del canale Mahmondich era seccato: nemmeno questo, come nessuno dei menzionati, riuscì: la melma ancora tenera del lago obbligò alla ritirata.

Svanito il sogno fanciullesco di un colpo audace — che come sogno non poteva mai effettuarsi — nacque nella mente di Malatesta l’idea di far risuscitare in Europa l’Internazionale. A tal uopo si unì al Ceccarelli, allo Sbigoli e all’Orso, e s’immaginò di aver trovato degli ausiliari somministranti denaro per l’organizzazione in Europa. Per questo, ai primi del 1883, il Malatesta partiva per l’Italia coi denari generosamente dati del buon compagno Luigi Alvino.
Arrivato in Italia, egli vi fondò difatti — nominalmente però — l’Internazionale, la quale durò tutto il tempo ch’egli rimase a Firenze. Fuori d’Italia il Malatesta non trovò alcuno che lo secondasse, né arrivò a far stampare a Ginevra, per mezzo di Grave, i famosi statuti regolatori, perché il programma, regolarmente stampato in Firenze, non riguardava che l’Italia.

Intanto l’Orso pure tornava in quel tempo in Italia. Egli pure fu a Firenze e condivise le illusioni più o meno assurde del Malatesta. Finalmente questi partì per Buenos Aires, e l’Orso, dopo otto anni di dimora in diverse parti d’Europa, ritornò in Egitto, ove trovò due soli dei vecchi: Cesare Pichi e Augusto Bichielli; gli altri erano dispersi e non si occupavano più che della pancia.

Nuovo lavoro necessitava e nuovo lavoro fu fatto.

Non più organizzazioni artificiali, non più discipline, non più programmi determinati; ma una libertà assoluta nei compagni di fare quello che ciascuno meglio credeva. Non vi erano riunioni periodiche: gli anarchici si riunivano ogniqualvolta ne sentivano il bisogno; e questo bisogno era sentito spessissimo, dimodoché si poteva dire che essi erano quasi sempre insieme.

La nuova affermazione anarchica pubblica ebbe luogo il 18 marzo 1892 in un ritrovo fuori porta Moharrembey con discorsi e canti. In quella medesima occasione fu pubblicato e affisso ai muri della città un manifesto del Bakunin già venuto fuori in Europa: ne furono inoltre mandate molte copie in Italia.

Da questo giorno rinasce la propaganda non per far proseliti ad un partito, ma per formare delle coscienze utili allo sviluppo e all’attuazione dell’Idea.

Cessano i sogni per i colpi di mano, per l’organizzazione della rivoluzione, per le conquiste degli operai, per la formazione di un gran partito compatto ed apparentemente forte ad imitazione più o meno dei vecchi partiti.

Gli anarchici di Egitto cessano di chiamarsi socialisti, perché il socialismo non racchiude più in sé che dei farabutti in alto e degli incoscienti in basso. Anarchici e null’altro che anarchici, appunto come quelli di Francia, diventano i nostri compagni di Alessandria.


[1Il testo di questa rievocazione storica, venne inviato da I.U. Parrini — uno degli iniziatori del movimento anarchico in Egitto, fin dall’epoca internazionalista — a Giuseppe Ciancabilla che, in più tempi, lo pubblicò sulla rivista La Protesta Umana, ch’egli allora redigeva a S. Francisco, Cal. I brani qui riportati corrispondono a quelli delle prime tre puntate, apparse sui n. 36, 38 e 40, rispettivamente del 21 nov. e 26 dic. 1903 e 9 genn. 1904 (una doppia spaziatura segnala, nel testo, lo stacco fra una puntata e quella successiva) e coprono, cronologicamente, l’arco di un ventennio circa, ossia il periodo che va dalle origini al 1892.

Superfluo mi sembra dover rilevare l’interesse che presenta questo memoriale, il quale costituisce, d’altronde, il solo documento pervenutoci, di una certa organicità ed ampiezza, per ricostruire la storia dell’anarchismo italiano in Egitto. A parte alcune lievi inesattezze, tutte peraltro facilmente individuabili, e, in taluni punti, qualche incertezza (chiaramente imputabile ai ricordi, fattisi nebulosi, dell’estensore) nella ricostruzione degli eventi narrati, i riferimenti storiografici sono, per quanto è dato accertare, pienamente attendibili; ferma restando, tuttavia, l’avvertenza ad un uso prudente di questo resoconto, che, se preso nel suo insieme, risulta purtroppo insereno, in quanto viziato da palesi forzature ideologiche. Individualista fra i più accesi e fanatici della sua epoca, Parrini destinò, infatti, questo lavoro ad un fine esclusivamente polemico, da utilizzarsi contro gli anarchici organizzatori, che in quel periodo «inquinavano» — a suo avviso — la purezza del movimento libertario italo-egiziano. Egli, pertanto, fendette ad ignorare dati ed eventi che avrebbero potuto rivelarsi scomodi alla sua tesi, ingegnandosi a porre sempre in primo piano l’operato della corrente individualista e antiorganizzatrice, onde poter concludere sulla maggiore efficienza e realismo politico di questa.

Nonostante tali limiti, il documento mi è parso più che mai degno di riesumazione e meritevole d’essere riproposto, almeno nella sua parte essenziale, all’attenzione degli storici del socialismo, anche in considerazione della sua non facile accessibilità ai ricercatori italiani.

[2Cf., per qualche altro particolare, Il Grido del Popolo (Napoli), a. II, n. 17 (3 ag. 1881), nella rubr. Notizie estere (n.d.r.).

[3Ma O. Falleri, con «altri socialisti rifugiati a Cannes», aveva preso netta posizione anticostiana (!?). Vd. la «Lettera» pubblicata da II Grido del Popolo (Napoli), del 3 apr. 1881. (n.d.r.).