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Volume I tomo 2

Documenti. e) «Circolare-annuncio» de La Rivoluzione sociale (Londra 1902)

«Circolare-annuncio» de La Rivoluzione sociale (Londra 1902) [1]

AGLI ANARCHICI DI LINGUA ITALIANA

LONDRA, Settembre 1902.

Compagni,

Nella fiducia di avere eliminato le ragioni che ci fecero fallire in anteriori analoghi tentativi, facciamo appello al vostro concorso per la pubblicazione di un organo socialista-anarchico che prenderà il titolo:
«La Rivoluzione sociale»

Segue un breve cenno delle ragioni che ci muovono e che ci proponiamo di sviluppare ampiamente nel detto periodico.

Fuvvi un tempo in cui gli anarchici, disdegnosi delle piccole lotte di cui è composta la vita quotidiana, non pensavano guari che alle grandi giornate della rivoluzione auspicata. E vi si preparavano, moralmente elaborando il proprio ideale, materialmente raccogliendo i mezzi di lotta che erano in grado di procurarsi. Non sapendo acconciarsi alle necessità pratiche della propaganda in mezzo ad un ambiente ostile, e mal avvertendo, per soverchia baldanza, l’enorme sproporzione tra la povertà estrema dei mezzi e la grandiosità del fine da conseguire, essi restarono lontani dalla massa che non li comprendeva; e non riuscirono, malgrado tentativi audaci e grandi sacrifizi, a far sentire in modo efficace la loro azione sui fatti sociali e finirono col farsi prendere la mano da gente per la quale il socialismo non era che un mezzo per andare al potere.

Poi si son accorti dell’errore ed han cercato di correggerlo.

Vista l’impotenza della semplice propaganda teorica e delle piccole congreghe più o meno segrete; compreso chiaramente che la rivoluzione, e soprattutto una rivoluzione a tendenze anarchiche, non si fa senza la simpatia della massa da liberare, si sono slanciati nella vita pubblica, prendono parte attiva, e non di rado preponderante, nel movimento operaio e raccolgono dalla nuova attività frutti abbondanti di propaganda e d’influenza per il bene.

Ma è avvenuto purtroppo quello che suole avvenire in tutte le reazioni contro un errore: si è caduti nell’errore opposto.

Si è riconosciuto il danno dell’isolamento, ma si è fraternizzato troppo con gente che per interessi e per idee ci sono naturalmente nemici.

Si è riconosciuto l’utilità e l’importanza della nostra attiva partecipazione al movimento operaio, ma si è finito col credere, da parte di molti, che esso movimento sviluppandosi indefinitamente potesse da solo risolvere la questione.

Si è riconosciuto che il fare appello continuo alla rivoluzione c’impediva spesso di poter dire le ragioni per le quali essa rivoluzione s’invocava, e che per poter fare la propaganda pubblica in barba alla polizia bisognava all’oc- correnza sapere attenuare il proprio linguaggio e farsi capire a mezza parola; ma smettendo l’uso di dire sempre e dappertutto chiaro e tondo quello che si vuole, si è finito spesso col dimenticare 1’esistenza di quello che si tace e col credere — o almeno fare come se si credesse — che tutto il vero programma degli anarchici sia quello che si può esporre senza soverchio pericolo innanzi ai regi procuratori.

Si è riconosciuto che colle pietre e qualche vecchio fucilaccio non si possono affrontare con successo le armi perfezionate degli eserciti moderni, e si è finito col trascurare ogni previsione di lotta materiale e fare come se i soldati non avessero più fucili e non li avessero proprio per spararli addosso a noi ed al popolo.

Si è voluto insomma allargare il movimento, ma non si è badato al pericolo di perdere in intensità quello che si guadagnava in estensione.

Ed intanto gli avvenimenti seguono il loro corso.

L’agitarsi generale delle classi lavoratrici mostra che il popolo va diventando sempre più insofferente del giogo, e che siamo forse alla vigilia di una di quelle crisi violente che fanno epoca nella storia dell’evoluzione sociale. Ed i recenti avvenimenti che hanno commosso ed insanguinato varie città d’Europa han provato ancora una volta che i governanti sono potentemente armati e che nessuno scrupolo li trattiene dal servirsi delle armi pe’ soffocare nel sangue ogni conato di ribellione. In modo che se non si è disposti e preparati ad opporre alla forza materiale dei governi una forza adeguata, per lungo tempo ancora la repressione brutale trionferà sulla forza dell’idea.

Sono gli anarchici all’altezza della situazione? Essi che più di tutti mostrano di avere la coscienza di questa dura necessità dell’insurrezione armata sono essi preparati, o si van preparando, per poter agire in modo che l’insurrezione trionfi?

Inoltre, non basta che un’insurrezione trionfi perchè il popolo diventi libero davvero. Secondo le idee che predominano nella massa, secondo l’indirizzo che gli sforzi concorrenti ed opposti di uomini e di partiti riusciranno a dare al movimento, la rivoluzione sociale che si annuncia potrà aprire all’umanità la via maestra dell’emancipazione integrale, oppure servire semplicemente ad elevare al disopra della massa un nuovo strato di privilegi, lasciando incolume il principio dell’autorità e del privilegio.

Conservano gli anarchici, nelle associazioni e nelle pubbliche agitazioni, tale una condotta da poter poi essere in grado sfatare le illusioni degli ingenui che aspettano il bene dall’azione di nuovi governanti e di opporsi alle male arti dei politicanti che, sotto il manto di amici del popolo, si tengono pronti a sfruttarne a proprio vantaggio gli slanci generosi?

E se gli anarchici non possono né resistere alla forza materiale dei governi, né paralizzare l’azione di coloro che cercano di pigliare il posto dei padroni attuali, dipende ciò da cause su cui essi non possono nulla, o v’è nella loro tattica qualche cosa che impedisce loro di compiere la missione che si sono data?

Noi crediamo che causa importante dell’impotenza degli anarchici ad affrontare le necessità della situazione sieno gli errori cui abbiamo accennato, e che il rimedio stia nell’unire insieme la vecchia e la nuova tattica in ciò che l’una e l’altra hanno di buono.

Noi crediamo che occorra sforzarsi di esser pratici e di non perdere nella contemplazione dell’ideale il senso del reale e del possibile, ma che si debba nello stesso tempo vegliare gelosamente a che le preoccupazioni della pratica non riescano ad una dimensione dell’ideale.

Crediamo che bisogna prendere parte attiva al movimento operaio ma senza lasciarvisi assorbire, senza compromettersi in quello che esso ha di conservatore e di reazionario, e ricordandosi sempre che in fondo esso non può essere altro che un mezzo per far propaganda e raccogliere forze per la rivoluzione.

Crediamo alla necessità grande, immensa della propaganda, ma crediamo che sia necessario nello stesso tempo prepararsi psicologicamente e materialmente all’azione, tanto per iniziare, quanto per profittare delle occasioni che si van facendo sempre più frequenti.

E vogliamo fare un giornale per difendere quest’indirizzo, anche perché, per il paese in cui risiediamo, possiamo dire quello che ai compagni d’Italia è probito di dire e che pure è necessario che il popolo sappia.

Quei compagni che simpatizzano coi propositi suaccennati aiutino il proposto giornale a nascere e vivere.

PIETRO CAPPELLI — ENRICO CARRARA — SANTE CENCI — SILVIO CORIO — GUGLIELMO CUCCIOLI — P. CURETTI — GIOV. DEFENDI — ENRICO DEFENDI — FELICE FELICI — CARLO FRIGERIO — ANTONIO FOLLI — A. GALASSINI — G. GOLDONI — CARLO MAGNONI — ERRICO MALATESTA — F. MARIANI —ATTILIO PANIZZA — ALFREDO PIERCONTI — G. QUARANTINI — CARLO ROSSI — GIULIO ROSSI.

Tutto ciò che riguarda la Redazione deve essere diretto a
Carlo Frigerio, 33, Gresse Street, Rathbone Place, W., Londra.

Ciò che riguarda L’Amministrazione a
A. Galassini, 106, Victoria Dwellings, Clerkenwell Road, E.C., Londra.

La Rivoluzione Sociale si pubblicherà ogni quindici giorni a cominciare dal 2 ottobre p. v.

Saranno considerati come abbonati del nuovo giornale quelli dello Sciopero Generale, organo surto in circostanze speciali, che ora si fonde con la Rivoluzione Sociale.


[1Foglio volante, di cm. 19,1x25,2; pp. 2. L’originale è conservato a IISG (Archivio M. Nettlau) ma il testo della circolare si trova riprodotto anche ne La Questione Sociale (Paterson) del 17 sett. 1902. (Per un commento agli enunciati programmatici che vi sono contenuti, vd. invece, Germinal (S. Paolo), a. I, n. 16, del 4 ott. 1902: Nuovo Giornale). Tra i firmatari figura anche il nome di E. Malatesta, che dell’organo londinese fu poi assiduo collaboratore.