Nella seconda metà del 1893, l’equivoco contegno di Giovanni Noè di fronte al problema elettorale (cfr. l’a. 1893 del Riscatto) determinava una prima frattura fra i membri del Circolo socialista-anarchico, alcuni dei quali costituivano un gruppo anarchico « individualista » e fondavano la Bomba, periodico favorevole alla « propaganda del fatto ».
Il primo numero della Bomba (3 dic. 1893), infatti, pubblicava, a firma di G. Ferretti e sotto il titolo «Chi siamo», un lungo articolo programmatico,nel quale si sosteneva che la rivoluzione sociale fosse l’unico rimedio peri mali che affliggevano l’isola e l’unico valido mezzo per frenare l’azione persecutoria governativa contro il fiorire dei Fasci. « Qualunque sia la scelta che altri partiti possano fare — scriveva il Ferretti —, noi speriamo che essi si raccoglieranno tutti sotto il vessillo della Rivoluzione sociale, la nostra non è dubbia. Noi, partito rivoluzionario per eccellenza, noi fatti segno alle più accanite persecuzioni dai governi, noi che abbiamo tanti dei nostri sepolti vivi nelle patrie galere, noi abbiamo il dovere imprescindibile d’agire […]. La causa degli operai e dei contadini siciliani è la causa degli operaie dei contadini di tutta l’Italia; i quali, affamati nel loro paese, respinti all’estero, non hanno ormai che una risorsa estrema: combattere. L’agitazione agraria di Sicilia è l’ultima di una lunga serie di agitazioni che diffusero i principi del socialismo e lo spirito di rivolta in tutto il paese […] ». E dopo avere ricordato le varie sommosse e gli scioperi, concludeva: « Dappertutto il popolo è pronto alla riscossa. Esso aspetta il segnale. Agli audaci il darlo! ». Nel caso contrario la reazione si abbatterà prima sulla Sicilia e poi sul continente: « Soppresso il moto siciliano il regno del terrore sarà esteso in tutta l’Italia […] ». Decidiamoci, quindi: « Percorriamo le città e le campagne. Organizziamo dappertutto Fasci Rivoluzionari. Suscitiamo un’agitazione, che impedisca al governo di mandare reggimenti interi di truppe in Sicilia […]. Diamo il segnale della battaglia! Osiamo! Scendiamo in campo colla nostra bandiera, senza transazione, ma anche senza intolleranze, che sono dannose, ed in questo momento anche funeste […] ».
Nel n. del 7 genn. 1894, dopo la notizia della proclamazione dello stato d’assedio e dell’arresto dei dirigenti del movimento dei Fasci, il periodico attaccava violentemente il Crispi, come spergiuro e traditore degli interessi e della pace della Sicilia; faceva un consuntivo dello sfacelo in cui era caduta l’Italia dopo l’unificazione; ed in un articolo redazionale affermava: « Noi che siamo nemici di ogni monopolio, che si chiama governo, dovremo rallegrarcene [della situazione], perché l’attualità ci spiana la via al conseguimento dei nostri ideali, eppure il cuore ci sanguina allo scempio di tante vite, alle lotte fratricide, al sangue innocente di donne e di fanciulli sparso sulla terra dei Vulcani, poiché quel sangue convertito in fuoco, sarà lava, a cui non resisteranno argini di sorta […]. Noi solennemente lo dichiariamo, perché nonpossa fraintendersi la nostra missione. Non è col sangue, colle uccisioni, cogli incendi, colle rapine che si nutrono i nostri ideali […], il nostro programma […] non tende a distruggere, ma a sterminare la mala pianta, per edificare il regno della giustizia e della pace universale. Sarà forse questa generosa idea un’utopia? Però con essa avremo vissuto e caduto incontaminati, senza macchia e senza paura ».
Oltre le utili notizie di cronaca, relative alle repressioni governative dei Fasci, il n. del 7 genn. 1894 riproduceva il testo del telegramma indirizzato da Napoleone Colajanni Ai lavoratori di Sicilia, dopo gli arresti di Palermo.
G. Cerrito, «Il processo di formazione e lo sviluppo dei Fasci dei Lavoratori nella provincia di. Messina», in Movimento operaio, a. VI (1954), n. 6, p. 993-994.
Altra collocazione del giornale: Messina, Bibl. del Gabinetto di Lettura. (Mancano alla raccolta i n. 2 e 3 del 1893).