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Bettini-0707

Il Ciclone

bollettino rivoluzionario anarchico


Durata: 1887-1887


Scheda elaborata da L. Bettini:

Sottotitolo: Bollettino rivoluzionario anarchico.
Motto: «Mezzi d’emancipazione: Espropriazione — Pugnale — Dinamite» — «Più organizzazione, ma bensì Autonomia completa dell’individuo e dei gruppi».
Luogo di pubblicazione
[Parigi], Reca l’indicazione: «Cosmopoli, Tip. Anseimo Nontrovate».
Durata: 4 sett. 1887 (a. I, n. 1).
Periodicità: «Esce quando si pubblica».
Direttore: [V. A. Pini e L. Parmeggiani].
Formato: cm. 28 × 38,3.
Pagine: 4.
Colonne: 3.
Prezzo: «Si distribuisce gratis fra le masse».

IISG

Bibl. — E. Sernicoli, L’Anarchia e gli anarchici, II, Milano 1894, p. 163 sq.; J. Grave, Le mouvement libertaire sous la IIIe République, Paris 1930, pp. 212-13 (= 2a ed., dal tit. Quarante ans de propagande anarchiste, Paris 1975, pp. 427-29); P. C. Masini, Storia degli anarchici italiani da Bakunin a Malatesta, Milano 1969, p. 229 sqq. Il breve giudizio, sopra riportato, di L. Galleani, è contenuto nel «medaglione» che questi dedicò al Pini, in occasione della morte. Vd. «Gigione» [i.e.: L. Galleani], Vittorio Pini è morto, in «Cronaca Sovversiva» (Barre, Vt.), a. II, n. 3, del 16 genn. 1904 (ora in: Aneliti e singulti, Newark 1935, p. 95).


A Parigi, sui primi del 1887, si era costituito con la denominazione Gli Intransigenti, un gruppo anarchico-illegalista, della cui intensa e clamorosa attività «espropriatrice», dovettero occuparsi non poco, nel corso di quegli anni, le cronache giudiziarie di Francia e d’Italia. Ne erano animatori due emigrati italiani, entrambi di origine emiliana: Luigi Parmeggiani — sul conto del quale gravò sempre il sospetto, mai dissipato, d’essere stato al soldo della polizia — e il tipografo Vittorio Achille Pini, ricordato al contrario, con parole di affettuosa solidarietà, da L. Galleani e dallo stesso Malatesta, e che i tribunali francesi invieranno (nov. 1889) alla Cajenna, ove terminerà i suoi giorni, nel dic. 1903, durante un ennesimo tentativo di evasione.

Della loro fattiva presenza nell’ambiente illegalista parigino, che proprio in quello scorcio di anni andava maturando nel sottobosco politico della metropoli francese, la più antica e diretta testimonianza è costituita appunto da Il Ciclone, primo di una serie di stampati, che i due italiani diffusero clandestinamente da Parigi, nel corso del biennio 1887-89. Uscito dagli stessi torchi con cui si stampava l’organo anarchico parigino Le Révolté, il giornaletto intendeva porsi da un lato, come il portavoce ultrapolemico d’un individualismo oltranzista e, al tempo stesso, come foglio di teorizzazione — se non di apologia — del furto «espropriatore», per il quale venivano addotte giustificazioni politiche, in chiave anarchica.

Con un linguaggio estemporaneo e violentissimo, ma colorito e non di rado di notevole efficacia, i due libellisti si scagliavano infatti, contro tutte le correnti organizzate del movimento anarchico ed i loro esponenti più noti, definiti degli «ambiziosi» e degli «sfruttatori di situazioni» ed accusati, nella migliore delle ipotesi, di arrivismo politico: «È tempo che i buoni compagni si sbarazzino dai pregiudizi che questi schifosi hanno loro inculcato nelle menti, e faccino pubbliche le gesta di questi camaleonti, acciò si possa porvi radicale rimedio; che non è logico, sotto pretesto di non volere questioni personali, conservare fra noi, chi odia il lavoro, chi ruba il denaro della propaganda, chi sfrutta altri infelici lavoratori, chi costringe la moglie a prostituirsi per oziare lui stesso, chi infine è l’intimo confidente dei prefetti di polizia, senza contare la serie di spostati appartenenti a famiglie borghesi, avanzi di Università, i quali si gettano fra noi per dominarci e sfruttare la situazione per mire personali. Sbarazziamoci da costoro che ci mettono gl’intravi [sic] fra le ruote, ed allora noi faremo una marcia precipitosa verso la rivoluzione, quindi verso l’Anarchia». (Cf. Codardi e farabutti alla porta).

La rivoluzione sociale, d’altronde, è giudicata attuabile solo se intesa come atto spontaneo di rivolta di «questa massa avvilita, affamata, insultata e sfruttata in tutti i modi», che nulla può recepire della propaganda gradualista degli organizzatori, ma, al contrario, «ben comprende, che è per suo bene scannare il padrone, bruciare la puzzolente stamberga, impossessarsi dei bei palazzi ch’ella stessa ha fabbricato, sfondare le casseforti, atterrare qualsiasi autorità; appiccando re, ministri, senatori, deputati, procuratori, avvocati, questori, prefetti ed i loro tirapiedi che fanno seguito» (cf. Pareri sulla rivoluzione; firmato: «Alcuni Pidocchiosi»). Con termini non dissimili, infine, venivano sollecitati i militari a rispondere «agl’ordini dei Capi sanguinari scaricando sui loro petti il piombo dei nostri fucili. E se non basta incendiando le caserme, scannando generali e ufficiali di qualsiasi rango, distruggendo ogni scartafaccio d’amministrazione militare, facendo saltare polveriere, demolendo reclusioni e carceri d’ogni sistema …» (cf. Ai nostri fratelli di sofferenze chiamati al servizio dell’assassino re Umberto I; firmato: «I Coscritti rivoluzionari Anarchici del Veneto e Lombardia»).

In questo clima di furore iconoclasta, che bene giustificava il tit. scelto per il giornale, s’intonava pertanto e senza forzature, la pubblicazione — che, a quanto sembra, era prevista in più puntate — di un «ricettario» per la preparazione delle cartucce di dinamite e la fabbricazione della nitroglicerina, qui presentato sotto il raffinato tit. di Cucina anarchica. Polpette per la borghesia. Le poche righe di presentazione, precisavano semplicemente: «Avanti tutto per preparare una buona cucina bisogna essere muniti degli utensili necessari, così faremo per le polpette di dinamite da apprestarsi alla borghesia. Preghiamo quindi i compagni che volessero provarsi in questa fabbricazione e ben riuscire, di attenersi scrupolosamente alla prescrizioni seguenti …» (Per precedenti analoghi, nella stampa anarchica francese, cf. E. Zoccoli, L’Anarchia, Milano, s.d. [1944] pp. 401-02 e nota).

Il foglio non ebbe seguito e le pubblicazioni si arrestarono a questo n., anche se l’impegno editoriale del gruppo intransigente si manifestò senza interruzioni, nel corso dei due anni successivi, con l’apparizione di manifesti ed opuscoli dello stesso tenore polemico de Il Ciclone («non sempre felici, astiosi alle volte e personali», sec. un più tardo giudizio di Galleani). Per il bilancio di tale attività, si veda comunque, M. Nettlau, Bibl. de l’anarchie, p. 92, 107 e 130. Il lancio d’un foglio periodico, espressione delle idee del gruppo parigino, si riebbe infine, nel 1889, con l’apparizione di un paio di n. de Il Pugnale (vd., scheda seguente).


 




Anche: questo titolo sulla RebAl (Rete della Biblioteche Anarchiche e Libertarie)

Red. della scheda: Leonardo Bettini