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Bettini-0667

L’Operaio

comunista-anarchico


Durata: 1896-1896


Scheda elaborata da L. Bettini:

  • Sottotitolo: Comunista-Anarchico.
  • Luogo di pubblicazione: «S. Paolo».
  • Tipografia: Per il n. 1: «Montevideo, Tip. Anarquista».
  • Durata:
    • 2 febb. 1896 (a. I, n. 1) — febb. 1896 (a. I, n. 2).
    • Sulla copia posseduta da IISG, è illeggibile la data esatta del n. 2, che risale, comunque, alla terza decade di febb.
  • Periodicità: «Esce quando può».
  • Gerente: «A. Ceschi», [i.e.: Augusto Donati] redattore responsabile.
  • Formato:
    • cm. 16,7 × 23,8.
    • Per il n. 2: cm. 19 × 26.
  • Pagine: 4.
  • Colonne: 2.
  • Prezzo: «Si da gratis».
  • Note tipogr.: È invertita la disposizione delle p., avendo la Ia al posto della 4a; la 2a al posto della Ia; la 3a al posto della 2a.

IISG.


Le furiose repressioni antianarchiche del 1895 (vd. quanto detto a proposito de L’Avvenire di S. Paolo), per la violenza e l’accanimento senza precedenti, con cui erano state avviate dalle autorità brasiliane, chiaramente riflettevano una ferma determinazione di cancellare dal paese, ogni traccia di attività sovversiva. E, in effetti, con la soppressione della stampa, la forzata dispersione dei gruppi e, infine, con gli arresti e l’espulsione dal Brasile, dopo mesi di arbitraria detenzione, dei militanti più attivi (fra i colpiti era anche F. Vezzani), fu possibile alla reazione, paralizzare, seppure temporaneamente, la vita del movimento.

Le forze superstiti di questa improvvisa bufera reazionaria, riorganizzatesi alla meglio, riuscirono tuttavia a ricomporre in qualche modo il lavoro di propaganda e ad attuare per di più, la pubblicazione di un foglio clandestino («per evitare inconvenienti … — preciseranno — non pubblichiamo il nostro indirizzo»), la cui uscita venne in un primo tempo annunciata sotto il tit. Gli Oppressi. Cf. L’Avvenire (Buenos Aires), a. II, n. 4 (4 febb. 1896), nella rubr. Movimento Rivoluzionario (la notizia è, evidentemente, ritardata).

In piccolissimo formato e stampato con ogni probabilità, con torchi propri e in evidenti condizioni di fortuna, il giornale fece in effetti la sua apparizione, col tit. L’Operaio, il 2 febb. 1896; un secondo n., che ancora potè vedere la luce verso la fine dello stesso mese, segnò quasi certamente la fine della fortunosa attività editoriale, nei cui programmi rientrava anche la ristampa «di una serie di opuscoli» di propaganda (cf., sul n. 2, il comunicato Ai compagni).

Redatto e finanziato («coi pochi risparmi») da «un gruppo di lavoratori» (cf. l’editoriale Chi siamo?), L’Operaio si caratterizzò subito come foglio di propaganda elementare, di cui si volle anzi la circolazione gratuita, «per meglio diffondere le nostre idee». Entrambi i n., infatti, sono interamente occupati dalla riproduzione di brani più o meno noti, tratti dalla pubblicistica anarchica internazionale (fra cui L’Anarchia nell’evoluzione socialista, di P. Kropotkin, qui riprodotta, senza indicazione d’autore e col tit. Il mutuo appoggio nell’evoluzione, dall’«Ordine» di Torino) e da brevi scritti di carattere apologetico. Vd., ad es., sul n. 1, l’esaltazione dei fatti di Jerez e la commemorazione della morte di Vaillant. Il solo scritto di attualità politica è costituito da un trafiletto (Makallé), inserito nel secondo n., alla notizia della disfatta delle truppe italiane in Abissinia (22 genn. 1896) evento questo, che offriva lo spunto per ironizzare sulle mire coloniali di cui era inficiata la politica crispina: «La gloriosa evacuazione del forte Makallé, non è altro che una lezione al mondo civile, una lezione di alta umanità data dal re dei barbari ai civili invasori. La stampa italiana qui nel Brasile … ha voluto dare ad intendere lucciole per lanterne, facendo credere che l’eroe da bettola Gagliano, si è ritirato gloriosamente dal forte, con l’onore delle armi! Ma che onore d’Egitto!!! Ormai la cosa è posta in chiaro … Leonida, con tutti i suoi leonidini, si trovò a dover decidere su di un gran dilemma: o morire di fame o morire di piombo. Anche per l’uomo il più vigliacco, una palla nello stomaco, è preferibile alla morte lenta della fame. L’eroe non dubitò punto nella scelta».

Da un punto di vista strettamente stroriografico, l’interesse del giornale è pertanto irrilevante, dal momento che non svolse alcuna funzione come organo d’intervento. È questo, anzi, l’aspetto che lascia maggiormente perplessi, • trattandosi oltretutto di un foglio sorto per affermare una volontà di sopravvivenza e di lotta, a dispetto degli arbitrari provvedimenti liberticidi adottati dalle autorità brasiliane. Dai due n. del giornale se ne trae infatti, la sconcertante impressione che la violenta ondata reazionaria abbattutasi sul paese — ed i cui riflessi erano pur evidenti e palpabili, proprio in quella forzata condizione di clandestinità in cui il gruppo redattore doveva operare — venisse più che altro considerata come un incidente fastidioso ma sostanzialmente estraneo alla vita del movimento. I compilatori sembrano, infatti, prescindere dal grave stato di tensione sociale esistente nel paese e preoccupati unicamente di svolgere un astratto lavoro di propaganda teorica e comunque assolutamente disgiunta dalla realtà politica del momento.

Nonostante ciò, L’Operaio ha di per sè un indubbio valore documentario, giacché testimonia la sopravvivenza, per quanto formale, di un’attività militante in quel biennio circa, che va dalla forzata cessazione dell’Avvenire e dalla soppressione violenta di ogni manifestazione «sovversiva» (primavera-estate 1895) a quel ricambio di forze che si produrrà nel 1897, con l’arrivo in Brasile di elementi nuovi e capaci di rigettare le basi per una ripresa attiva della vita del movimento. Durante tale periodo, inoltre, sembra che i contatti con l’estero siano rimasti senza soluzione di continuità, come mostrano le rubr. Piccola Posta e In barba al correio, che attestano rapporti con gruppi o individualità di Londra (E. Malatesta; Ed. Milano); Parigi (J. Grave); Tunisi (N. Converti); Lisbona; Barcellona e qualche località del sudamerica, fra cui Buenos Aires, ove la sede amministrativa de La Questione Sociale fungeva da tramite per l’inoltro della corrispondenza diretta a L’Operaio. Nessun rapporto, invece, con l’Italia («dell’Italia non sappiamo proprio cosa dire. Non riceviamo da tempo notizie dirette, perciò non possiamo dire niente di certo». Cf., sul n. 1, la rubr. Trottellando), dove per effetto delle leggi crispine, in vigore dal 1894, l’attività degli anarchici era ancora ridotta al silenzio.


 


 Collegamenti agli archivi
International Institute of Social History (IISG, Amsterdam): https://hdl.handle.net/10622/A4CB2672-10C4-4FDD-945C-F441A0E1B6EC

Uscite:

  • anno 1
  • n. 1 (1896, 2 febb.)
  • n. 2 (1896, febb.)


Anche: questo titolo sulla RebAl (Rete della Biblioteche Anarchiche e Libertarie)

Red. della scheda: Leonardo Bettini