- Sottotitolo: Settimanale anarchico interventista.
- Motto: “… E’ inutile sperare giustizia se non dall’anima di una carabina” Giuseppe Garibaldi.
- Luogo di pubblicazione: Milano.
- Tipografia: Milano, Tip. Moderna.
- Durata: 20 febb. 1915 (a. I, n. 1) — 24 apr. 1915 (a. I, n. 6).
- Periodicità: Settimanale.
- Gerente:
- Aurelio Galassi.
- Dal 20 mar. 1915 (a. I. n. 4): Edoardo Malusardi.
- Formato: cm. 30 × 42,5.
- Pagine: 4.
- Colonne: 4.
FN: G.
BA: Fondo Fabbri, n. 121.
MN: Giorn. M. 98/15. (Alla raccolta manca il n. 2).
Bibl. — Per una maggiore comprensione della posizione degli anarchici interventisti, si veda: P.C. Masini, Gli anarchici italiani tra “interventismo” e “disfattismo rivoluzionario” (Lettera alla redazione, con risposta di Aldo Romano), in “Rivista Storica del Socialismo”, a. II, n. 5 (genn.-mar. 1959), pp. 208-212; U. Fedeli, Note sul 1914-1918. Gli anarchici e la guerra, in “Volontà” (Napoli), a. IV, (1949-50), n. 10, pp. 622-28; n. 11, pp. 684-89 (fornisce anche brevi profili di’ Libero Tancredi, Maria Rygier e Oberdan Gigli); G. Cerrito, L’antimilitarismo anarchico in Italia ne! primo ventennio del secolo, Pistoia 1968, passim.
E’ il foglio degli anarchici interventisti, che già nell’ottobre del 1914 avevano lanciato a Roma, il n.u. l.a Sfida (vd.). Al giornale, la cui uscita era stata annunciata sulle colonne del Popolo d’Italia di Mussolini, collaborarono, fra gli altri, Mario Gioda, Massimo Rocca (“Libero Tancredi”), Maria Rygier e Oberdan Gigli. Di quest’ultimo è l’articolo programmatico (Perchè siamo interventisti, a. I, n. 1), nel quale si tornava a ribadire quell’identità “guerra-rivoluzione”, con cui il gruppo redazionale giustificava la propria posizione interventista. Vi si legge, fra l’altro: "Questa nuova Guerra Sociale difende il pensiero e l’azione degli anarchici che sostengono oggi la collaborazione di tutte le classi sociali per impedire il predominio tedesco nel mondo e per risolvere i problemi borghesi che ancora non permettono l’impostazione dei problemi sindacali e libertari”. Premesso poi, che “noi accettiamo o rinneghiamo i fenomeni più terribili della storia — la guerra e la rivoluzione — secondo lo spirito che li anima” e che quindi “accettiamo la guerra per evitare una oppressione”, conclude invitando i lavoratori a non estraniarsi dal conflitto, perchè il danno del vassallaggio nazionale si ripercuoterebbe su di loro.